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Più sanità privata, più incassi da ticket

ROMA - Gli italiani spendono sempre meno in ticket per analisi del sangue, ecografie e visite mediche. Di preciso 12 milioni di euro in meno in un anno, dal 2016 al 2017. E non certo perché ne abbiano meno bisogno. La cartina di tornasole di una tendenza sempre più diffusa è fornita dal gettito derivato dai ticket per le prestazioni sanitarie: in 4 anni è diminuito del 13%. Dati su cui torna a puntare l'attenzione il Tribunale dei Diritti del Malato di Cittadinanzattiva. «Sempre meno cittadini - spiega il coordinatore nazionale Tonino Aceti - pagano il ticket perché, per un prezzo non eccessivamente oneroso e a volte addirittura conveniente, possono ottenere le stesse prestazioni, in particolare quelle a 'basso costò, rivolgendosi a strutture

private».

A certificare la costante contrazione delle entrate per lo Stato dovuta ai ticket, sono i due documenti della Corte dei Conti «Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali» e il «Rapporto di coordinamento di finanza pubblica 2018». Analizzandoli emerge che il gettito annuo derivante dal contributo pagato dagli italiani sulle prestazioni sanitarie (ad esclusione dei farmaceutica) è passato da 1,548 miliardi di euro del 2012 a poco più di 1,348 miliardi del 2016 e a 1.336 nel 2017, con una riduzione rispettivamente

del 13% e 14%. Considerando il solo 2017, sono entrati nelle casse dello Stato 12 milioni di euro in meno rispetto al 2016 e 212 milioni di euro in meno rispetto al 2012. Ma «queste significa anche minori risorse per la sanità pubblica», precisa Aceti. Tanto che la stessa Corte dei Conti aveva già richiamato l'attenzione sulla necessità di evitare che «livelli di compartecipazione troppo elevati favoriscano lo spostamento dal

Servizio Sanitario Nazionale verso strutture private, minando la stessa possibilità di garantire livelli di assistenza adeguati».

Il 'colpevolè numero uno, spiega Cittadinanzattiva, è il Superticket, cioè la quota fissa per ricetta pari a 10 euro,

applicata a partire dal 2011 in alcune regioni, ma con grande differenza di modalità di modulazione. «Una misura che depaupera i redditi delle famiglie che si trovano a dover affrontare un problema di salute e sposta risorse e assistiti dalla sanità pubblica a quella privata», dichiara Aceti. Alcune Regioni hanno introdotto iniziative volte a ridurne il peso. Ma questo, "riaccende i riflettori sulle profonde disuguaglianze che caratterizzano il SSN». Di qui l’appello al ministro della Salute Giulia Grillo, «ad eliminare per tutti i cittadini questo balzello già a partire dalla prossima Legge di Bilancio».

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