Villa della Fraternità, una storia di carità e passione

SANT'ANDREA APOSTOLO DELLO JONIO – Era il 1957 quando don Edoardo Varano, allora docente di Diritto canonico e Teologia morale al Seminario regionale San Pio X di Catanzaro, diede inizio alla storia appassionata della Villa della Fraternità, grazie alla quale riuscì a vedere con occhi nuovi la sua vocazione. Faceva da insegnante ai futuri sacerdoti ma sentiva dentro di sé un interrogativo irrisolto. Fino a quando non ebbe l’intuizione: trasferire il suo impegno dal piano teorico a quello pratico, con la realizzazione concreta di opere di carità.

Primo di sette figli, in un paese che si svuotava, negli anni del boom dell’emigrazione al Nord, il primo passo fu quello di realizzare una casa di carità per gli anziani rimasti soli, assecondando l’invito incalzante di sua madre, una donna molto religiosa. Ingegnosamente quando il consiglio comunale mise a disposizione di Don Edoardo un vecchio rudere, già utilizzato per gli sfollati di Cassino, lo ripristinò anche grazie alle donazioni dello zio sacerdote Don Luigi Samà. E’ il nucleo storico della Villa Fraternità, che vedrà la luce nel 1961. Sorretto da uno sparuto gruppo di volontari e dalla loro direttrice e successivamente affiancato dalle suore Poverelle di Bergamo, l’opera inizia a crescere, con la Cappella delle Beatitudini e la collina dedicata alla Via Crucis. La domanda di ricovero si amplia, lui non riesce più a soddisfarla; don Edoardo acquista così i terreni limitrofi in cui diventerà realtà il suo più grande progetto. E’ l’edificio che nel 1988 sarà inaugurato dal ministro Rosa Russo Jervolino. Ma è un impegno che si rinnova, nel garantire ospitalità, prestazioni sanitarie e assistenziali. Un percorso del quale, dopo 30 anni, si è fatto memoria, perché quella struttura destinata a Centro residenziale per anziani era molto più grande di quella originaria, per arrivare a una capienza complessiva di 85 posti letto. Don Edoardo trasferisce gli anziani nel nuovo centro, assume personale qualificato, si adegua ai vari standard e non si ferma più. Il suo desiderio è quello di coniugare assistenza sociale e sanitaria. Il Centro di riabilitazione, diagnosi e terapia “Nuova Calabria” viene inaugurato nel 2007. Intanto la Villa della Fraternità si trasforma in fondazione no profit. E arriviamo al 2009, quando una parte del poliambulatorio viene riconvertito in hospice per le cure palliative residenziali. E’ il “Sant'Andrea Hospice”, dove i pazienti presi in carico sono quelli terminali, dei quali ci si occupa cercando di accompagnarli dignitosamente nel decorso naturale della loro malattia e sostenendo anche i loro familiari. Una struttura ultimata nel 2010, autorizzata nel 2014 e convenzionata nel 2017.

Innegabile la ricaduta occupazionale. “Siamo forse l'azienda più grossa del comprensorio, con 50 dipendenti – dice con ovvia soddisfazione la direttrice – non è cosa da poco per un paesino di circa 2000 abitanti”.
Operatori socio-sanitari, infermieri, assistenti sociali, psicologi, fisioterapisti, medici, amministrativi, tecnici, addetti alla cucina e alla lavanderia. In prevalenza provengono da S. Andrea e dintorni ma anche da altre province calabresi. Senza dire dell’indotto, con particolare riferimento ai fornitori di generi alimentari e materiali sanitari.

Ma torniamo a Villa della Fraternità, e a una mission il cui elemento caratterizzante è l'attenzione alla persona e alla sua dignità ma anche l'accoglienza dell’utente in una comunità con un clima di fraternità e condivisione. “Il paziente è sacro e come tale va trattato”, sottolinea con particolare vigore la direttrice Voci. “Questa è un’opera di impronta ecclesiale”, osserva. In aderenza allo spirito impresso dal fondatore, sono tanti i luoghi dedicati alla preghiera e alla celebrazione della messa. La Cappella delle Beatitudini, con le mura affrescate, la Collina del Calvario con la Via Crucis e un ricordo del Getsemani, la Cappella di Emmaus e ancora un’oasi di preghiera nel Sant'Andrea Hospice, aperta anche a culti differenti da quello cattolico.
Se dovesse individuare un’eccellenza nell'eccellenza, la direttrice Voci non ha dubbi: “sicuramente il Sant'Andrea Hospice già operativo e la piscina di riabilitazione non ancora sfruttata, che costituisce una sfida che dovremo affrontare nel futuro per riuscire a rendere operativa questa potenzialità”.

Da gennaio 2018 don Edoardo non c’è più ed è stato sostituito dal nipote, il professor Carlopietro Voci, che gli è succeduto per Statuto. Era anche lo zio della direttrice Voci, che ha pensato bene di ricordarlo a 30 anni esatti dall'inaugurazione del grande edificio della Villa della Fraternità, con un evento organizzato nel periodo estivo “in modo da consentire a tanti emigrati di ritorno di dare un tributo al fondatore”. Ma c’è un altro motivo sotteso all'iniziativa. Accendere le luci su una riforma del welfare che fa fatica a decollare. Emblematica quest’immagine: “gli ultimi due pazienti istituzionalizzati risalgono a un anno fa – denuncia la direttrice amministrativa - questo trambusto in cui le strutture socio-assistenziali sono costrette a operare non aiuta a dare risposte a chi ha bisogno”.