Cosenza, la Cisl esamina l'emergenza sanitaria
COSENZA - Si è riunito in videoconferenza il Comitato esecutivo della Cisl di Cosenza. I lavori, aperti della relazione del segretario provinciale Giuseppe Lavia, hanno visto anche l’intervento del segretario regionale Tonino Russo. Al centro i temi legati all’emergenza sanitaria, la situazione economica ed occupazionale e le proposte della Cisl per la provincia di Cosenza.
Per l’Esecutivo – è emerso – le lezioni della pandemia non sono state apprese. Occorre concretezza, serve sbloccare le risorse ferme, gli investimenti, serve rendere il Paese e la Calabria più moderni, attrattivi ed efficienti. «Nonostante le tante promesse, nonostante le risorse previste dal Governo – ha sottolineato con forza, tra l’altro, Lavia –, ad oggi la situazione sanitaria provinciale è in coma profondo».
Per la Cisl occorre attivare subito le prestazioni specialiste ambulatoriali sospese in ASP, per garantire i livelli minimi di assistenza. E soprattutto serve mettere in campo un piano straordinario per abbattere le liste di attesa, esplose in questa fase, per salvaguardare la salute dei cittadini, tanto nell’Asp, quanto nell’Ao.
È poi necessario – è emerso ancora dalla relazione del segretario Lavia e dal dibattito – ripensare un sistema sanitario privato provinciale che deve integrare il sistema pubblico e ruotare intorno ad esso. Ad oggi, invece, si registra solo qualche richiesta di accesso agli ammortizzatori sociali e qualche cambio unilaterale di contratto al ribasso.
«Avevamo chiesto per l’Asp – ha ricordato Lavia – una guida a tempo pieno. Ora il nuovo Commissario avvii il confronto per riorganizzare e rafforzare la rete della sanità provinciale, per eliminare vecchie incrostazioni, per arginare un contenzioso fuori controllo. Ma soprattutto serve personale sanitario realmente aggiuntivo, non assunzioni promesse e mai realizzate, con persone che pascolano da un Dca ad un altro come le cosiddette “vacche di Fanfani”. Non bisogna dimenticare, poi, gli ospedali di montagna, di San Giovanni in Fiore ed Acri, che devono poter garantire prestazioni sanitarie adeguate nelle aree interne».