Autonomia differenziata, un no per salvare la sanità
CATANZARO - «In questo momento storico, è dal Sud e dalla Calabria che deve partire un’opposizione consapevole e costruttiva, ma severa e determinata, contro l’ennesima ingiustizia rappresentata dall’autonomia differenziata. Se ne è parlato anche in occasione del recente incontro con Anna Ascani, vicepresidente della Camera, tenutosi a Lamezia Terme e che ha offerto diversi spunti di dibattito relativi al controverso disegno di legge e la posizione che il Pd ha assunto al riguardo. L’argomento principale è, ovviamente, quello della salute. Una riforma che, di fatto, così pensata legittimerebbe l’esistenza di più sistemi sanitari, non finirà che alimentare ulteriori diseguaglianze tra regioni, rischiando di mettere in crisi la tenuta del sistema sanitario nazionale e, quindi, la coesione sociale e la stessa unità del Paese. L’autonomia differenziata avvallata dal governo Meloni consegnerà ai territori privilegiati del Nord la possibilità di trattenere la maggior parte del gettito fiscale, mentre agli altri non resterà che continuare a migrare per curarsi. Una mobilità sanitaria che ha già sottratto in un decennio circa 14 miliardi di euro alle regioni del Sud, che percepiscono meno risorse dal Fondo sanitario nazionale». È quanto si legge in una nota della vicesindaca e presidente dell’assemblea regionale Pd, Giusy Iemma. «Una riforma che alimenta gli squilibri, con una diversificata gestione dei fondi, porterà con se anche la naturale conseguenza di una concorrenza spietata nella ricerca del personale medico e sanitario in generale, già in fuga dagli ospedali calabresi, a vantaggio dei territori più forti e fortunati, che potranno offrire maggiori retribuzioni - spiega ancora Iemma -. È facile, quindi, constatare che chi, negli anni, ha faticato a raggiungere persino la soglia minima di Livelli essenziali assistenziali non potrà mai recuperare terreno. Non avrebbe le risorse economiche necessarie. L’unica via da percorrere e da difendere resta quella di un potenziamento della sanità pubblica a livello centrale, a cui servono più competenze e risorse mirate, ed evitare che l’idea di welfare sia cancellata con un colpo di spugna», conclude la nota.
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