Mortalità evitabile, dati peggiori al Sud ma Reggio fa eccezione
ROMA - Nelle città metropolitane le morti evitabili - ovvero i decessi tra 0 e 74 anni riconducibili a cause che possono essere contrastate con assistenza e stili di vita adeguati - nel 2021, sono sati circa 20 ogni 10mila abitanti (19,2 a livello nazionale). In questo campo le metropoli del Mezzogiorno segnano i valori più critici: esclusa Cagliari che si posiziona sotto il valore medio, si raggiunge il massimo nella città metropolitana di Napoli (27,1 per 10mila nel 2021), seguita da Messina e Palermo (circa 23 ogni 10mila). Lo evidenzia il focus dell’Istat sulle “Condizioni di salute e offerta sanitaria nelle città metropolitane”, i cui dati «sono prevalentemente riferiti ai trienni 2007-2009 e 2017-2019 nonché agli anni 2020 e 2021, per cogliere gli effetti e le ricadute della pandemia da Covid-19 sul contesto sanitario e di salute nei territori». L’analisi della mortalità evitabile - ricorda l’Istat - consente di effettuare una valutazione dell’efficacia dell’assistenza e più in generale delle politiche dei sistemi sanitari nel prevenire le morti premature. L’indicatore utilizzato è costituito da due componenti, la mortalità prevenibile e quella trattabile. La mortalità prevenibile può essere contrastata con efficaci interventi di promozione della salute e prevenzione primaria mentre la mortalità trattabile si riferisce ai decessi che potrebbero essere contenuti grazie a un’assistenza sanitaria tempestiva ed efficace in termini di prevenzione secondaria e di trattamenti sanitari adeguati. In Italia, la tendenza osservata nel lungo periodo è di una progressiva riduzione della mortalità evitabile fino al 2019 (-20,6% rispetto alla media del triennio 2007-2009), interrotta nel 2020 e nel 2021 da un aumento significativo della mortalità, verosimilmente riconducibile agli effetti della pandemia da Covid-19. Nell’ultimo anno i decessi evitabili sono 115mila, 17mila in più rispetto al 2017-2019. Il tasso standardizzato di mortalità evitabile è di 19,2 decessi per 10mila abitanti, superiore del 12,9% rispetto al triennio 2017-2019 ma comunque inferiore al picco raggiunto nel 2020 (19,7 ogni 10 mila). Da segnalare che la crescita della mortalità prevenibile nei due anni pandemici è prevalentemente determinata dai decessi da Covid-19, pari a circa tre decessi per 10mila. La mortalità trattabile invece ha un andamento meno regolare in quanto si contrae del 18,8% dal 2007-2009 al 2017-2019, cresce lievemente nel 2020 per poi stabilizzarsi nel 2021 ai livelli ante pandemia (6,4 decessi ogni 10mila abitanti). La città metropolitana di Napoli detiene i valori più alti anche nel comune capoluogo (29,3 decessi ogni 10mila abitanti) e nelle sue cinture urbane, con una differenza che varia da un massimo di nove decessi del capoluogo a cinque decessi per 10mila della prima cintura. Al contrario la città metropolitana di Firenze, con 16 decessi evitabili ogni 10mila abitanti, presenta la mortalità più contenuta, insieme a Bologna e Milano (circa 17 decessi evitabili). Dal confronto fra il 2021 e il triennio 2017-2019 si rileva una crescita della mortalità evitabile in tutte le città metropolitane, la cui intensità è comunque piuttosto variabile, contrassegnata da incrementi maggiori nel Mezzogiorno, escluse Cagliari e Reggio Calabria, e dalla variazione più elevata nella città metropolitana di Bari (+32,1%). Nel complesso delle città metropolitane gli uomini hanno un livello di mortalità doppio rispetto alle donne, in tutto il periodo analizzato. Nel 2021 i decessi maschili sono 26,8 ogni 10mila e quelli femminili 14,7 per un rapporto di mascolinità di 182. La maggiore mortalità degli uomini è principalmente attribuibile alla componente prevenibile, verosimilmente influenzata dagli stili di vita e dai comportamenti a rischio, più diffusi nel genere maschile. Per la mortalità prevenibile il rapporto è di 238 decessi maschili ogni 100 femminili, con differenze più marcate nella città metropolitana di Cagliari e Venezia (rapporto di mascolinità rispettivamente di 334 e 289). La componente trattabile, in media, si avvicina alla parità di genere e raggiunge una maggiore asimmetria nelle città metropolitane di Reggio Calabria e Catania mentre a Firenze i tassi di mortalità femminili superano quelli maschili (rapporto di mascolinità di 89). I capoluoghi presentano un profilo di mortalità per genere molto simile a quello della città metropolitana di appartenenza,
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