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Svimez, in Calabria la più alta incidenza di migrazione sanitaria


ROMA - Fuga dal Sud per curarsi in strutture sanitarie del Centro e del Nord, in particolare per le patologie



più gravi. A confermare che i “viaggi della speranza” non si sono mai fermati è il rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”, presentato oggi a Roma in collaborazione con Save The Children. Nel 2022 - si legge in una nota che riassume i contenuti principali del report - dei 629mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno. Per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali, pari al 22% del totale dei pazienti, si sono spostati per ricevere cure in un Servizio sanitario regionale del Centro o del Nord nel 2022. Solo 811 pazienti del Centro-Nord (lo 0,1% del totale) hanno fatto il viaggio inverso. Ed è la Calabria a registrare l’incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di regioni non confinanti. Seguono Basilicata (25%) e Sicilia (16,5%).

Save the Children evidenzia numeri crescenti anche nelle migrazioni sanitarie pediatriche dal Sud verso il Centro-Nord: l’indice di fuga, cioè il numero di pazienti pediatrici che vanno a farsi curare in una regione diversa da quella di residenza, nel 2020 si attesta in media all’8,7% a livello nazionale, con differenze territoriali che vanno dal 3,4% del Lazio al 43,4% del Molise, il 30,8% della Basilicata, il 26,8% dell’Umbria e il 23,6% della Calabria. In particolare, un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici convergendo principalmente a Roma, Genova e Firenze, sedi di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) pediatrici.

Per il direttore generale della Svimez, Luca Bianchi, «la necessità di incrementare le risorse complessivamente allocate alla sanità convive con la priorità di potenziare da subito le finalità di equità del Servizio sanitario nazionale. I dati del report offrono la fotografia preoccupante di un divario di cura che si traduce in minori aspettative di vita e più alti tassi di mortalità per le patologie più gravi nelle regioni del Mezzogiorno. La scelta, spesso obbligata, di emigrare per curarsi oltre ai costi individuali finisce per amplificare i divari nella capacità di spesa dei diversi sistemi regionali. Rafforzare la dimensione universale del Ssn è la strada per rendere effettivo il diritto costituzionale alla salute. Una direzione opposta a quella che invece si propone con l’autonomia differenziata, dalla quale deriverebbero ulteriori ampliamenti dei divari territoriali di salute e una conseguente crescita della mobilità di cura».

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