Guccione (Pd) denuncia il "colonialismo sanitario"
REGGIO CALABRIA - «Il Decreto Calabria si sta
trasformando in un flagello, che si è abbattuto su un sistema
sanitario calabrese già fragile e sta facendo sempre più danni.
Assistiamo con una certa meraviglia che anche chi ha concorso
all’approvazione parlamentare di questa legge ora chiede
urgentemente delle modifiche. Però, quello che ci meraviglia
ancora di più, è che il nuovo Governo nazionale non si è ancora
posto il problema di come evitare che questa legge sulla sanità
calabrese produca ancora danni e si configuri come una sorte di
'colonialismo sanitariò per la nostra regione, che rischia ora
di essere 'gestità da manager che in passato hanno svolto
funzioni importanti in Regioni gestite dalla Lega». Lo sostiene,
in una nota, il consigliere regionale Carlo Guccione.
«È chiaro a tutti, anche a chi ha approvato tale Decreto -
aggiunge - che bisogna apportare modifiche sostanziali per poter
garantire i Livelli essenziali di assistenza. Questo va fatto
attraverso nuove assunzioni per riaprire reparti ospedalieri
chiusi per mancanza di personale e per attivare i posti letto
per acuti previsti dai decreti del commissario (ad esempio nella
sola provincia di Cosenza mancano in totale 350 posti letto) e
la nomina di manager di livello per le Aziende sanitarie e
ospedaliere della Calabria. È accaduto, invece, tutto l’opposto
rispetto a quello che doveva avvenire dopo l’entrata in vigore
del Decreto Calabria. Ci saremmo aspettati, così come annunciato
dal ministro della Salute Roberto Speranza, che venisse
approvata una norma per porre fine all’istituto dei
commissariamenti. E per intraprendere un percorso che vada nella
direzione di risanare i conti e adeguare i Lea agli standard
nazionali, ancora lontani da quota 160, si poteva pensare di
affiancare la Calabria a una regione virtuosa, come ad esempio
la Toscana o l’Emilia-Romagna. Invece oggi, con questo documento
di 'Riorganizzazione dell’attività chirurgica per setting
assistenziali e complessità di cura - Regione Calabrià, siamo
di fronte a una convenzione che, sostanzialmente, va nella
direzione di favorire scelte che andranno ad aumentare
l'emigrazione sanitaria e a favorire lobby per drenare risorse
calabresi verso il Nord. Per dirla più chiaramente: non vorremmo
che questa fosse un’occasione per dare la possibilità al
presidente della Regione Veneto Luca Zaia, di fare campagna
elettorale per la Lega a spese dei calabresi».