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Laboratorio civico, no al Ddl Calderoli

  • Immagine del redattore: Uneba Calabria
    Uneba Calabria
  • 9 feb 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

 





CATANZARO - «Non possiamo più ignorare la crescente inquietudine dinanzi alla proposta di legge sull’ autonomia differenziata - il termine stesso “differenziato” allude mendacemente e nebulosamente alla valorizzazione delle differenze ambientali, storiche e culturali delle regioni quando, in realtà, favorisce esplicitamente le regioni settentrionali, le più ricche. Là si concentra già la più parte della produzione industriale redditizia, della finanza, della ricerca sponsorizzata, delle strutture di servizi fondamentali (trasporti, istruzione, sanità, welfare). “Differenziata” vuol dire premiare chi già ha e già fa, e punire chi è più debole, più povero, meno efficiente», si legge in una nota del Laboratorio civico che definisce l’autonomia differenzia un abominio. «Differenziata significa rendere ancora più deboli, più poveri, meno efficienti fomentando la secessione da quelle popolazioni meridionali che le immagini stereotipate dipingono storicamente (e geneticamente?) come corrotte molli, familisti, clientelari, dall’indole criminale.

l’Italia si trascina dietro l’infamia di una tale differenziazione fin dai primi anni dell’esistenza nazionale, ma almeno, negli anni 1860-70-80, i parlamentari e gli intellettuali meridionali, tanto della Destra che della Sinistra, denunciavano a gran voce questa discriminazione (Pasquale Villari, Sonnino, Franchetti, ecc.). 150 anni dopo, essi tacciono e seguono», prosegue il Laboratorio civico. «Nel 2001 la riforma dell’articolo 116, che ha introdotto la possibilità di autonomia differenziata, ha ottenuto un sostegno bipartisan, con voti anche da parte del centro-sinistra che oggi grida allo scandalo. Ma oggi l’autonoma passa in Senato nella formulazione data dal DDL Calderoli e passerà, verosimilmente, alla Camera, anche se tutti i deputati meridionali dovessero all’improvviso avere un sussulto di coscienza, cosa finora non pervenuta.

Le implicazioni sono e saranno importanti in termini di trasformazioni radicali negli assetti di potere e nell’organizzazione delle politiche pubbliche del Paese.

 «I senatori di centro destra della Calabria, la regione più povera della peninsola, esultano. Il governatore Occhiuto è realmente convinto che la Calabria possa competere con pari opportunità in una gara impari sin dalla partenza ? O diversamente e’ pronto a gettare la sua terra nella spaventosa secessione dei ricchi che non farà altro che aumentare i livelli di crisi?», si legge ancora.

La crisi consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere scriveva Gramsci definendo l’interregno come quel luogo in cui si verificano i fenomeni morbosi più svariati. E la Calabria si trova esattamente in un interregno, in cui la sua salute, con un sistema sanitario al collasso è in grave pericolo , in cui i viaggi della speranza per curarsi rappresentano la regola e non l’eccezione, in cui il futuro dei suoi giovani e’ incerto considerando gli elevati livelli di abbandono scolastico e considerando altresì che in molti nonostante le opportunità offerte dalle nostre eccellenti università, sono già costretti a lasciare la loro terra natale alla ricerca di condizioni di vita e di lavoro migliori. Pretendiamo dunque che il presidente Occhiuto anteponga il bene comune alla sua affiliazione ad un partito di Governo, chiediamo di ascoltare le legittime preoccupazioni dei cittadini e di adottare misure concrete per contrastare un disegno di legge che così per com’è pensato sarebbe di estremo nocumento per il Sud Italia, per la Calabria e i suoi cittadini. È fondamentale impegnarsi per garantire la partecipazione dei cittadini e il rispetto dei diritti fondamentali. Chiediamo trasparenza e azioni concrete per la nostra terra. È giunto il momento di andare oltre gli interessi politici di breve termine e concentrarsi sul bene comune. I cittadini calabresi meritano risposte e azioni concrete da parte dei loro rappresentanti. La Calabria non può più permettersi il lusso di essere trascurata o di vedere il proprio futuro minato da decisioni superficiali».

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