Il giudizio della Corte dei Conti sul rendiconto della Regione e il deficit colmato dai calabresi
CATANZARO - "Gli abitanti della Calabria stanno da dieci anni colmando una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in anno. A fronte di questi sacrifici finanziari, i medesimi cittadini non godono però di servizi sanitari adeguati". E’ quanto scrive la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti nella relazione sul "Giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Calabria per l’esercizio finanziario 2019".
"Questa Sezione - si legge nella relazione -, da anni ha pubblicamente rimarcato le patologie della sanità calabrese. La Regione Calabria, dal 2009, è in condizione di piano di rientro sanitario: un documento varato senza neppure riuscire a quantificare correttamente il disavanzo a causa di un contesto di assoluta inattendibilità, come ben evidenziato, nel 2008, nella relazione al Parlamento del Prefetto Silvana Riccio. Il deficit a fine 2009 è stato infine quantificato in euro 262,961 mln che, al netto delle coperture finanziarie relative alla fiscalità regionale, si sono tradotti in un disavanzo da recuperare di euro 104,304 mln (…). Questa quantificazione, è bene precisare, riflette le segnalazioni del conto economico consuntivo del Servizio sanitario regionale presenti sulla piattaforma di dati Nsis, curata dal Ministero della Salute: infatti, la sanità regionale non ha sempre approvato i bilanci, e gli ultimi atti ufficiali di bilancio risalgono, in specie, al 2014". Ciò premesso, prosegue la relazione, "dieci anni dopo, ossia a fine 2019, il disavanzo sanitario è passato ad euro 225,418 mln. Dopo il conferimento delle coperture derivanti dal gettito delle aliquote fiscali massimizzate il risultato di gestione evidenzia un disavanzo di 118,796 mln di euro (…). In considerazione del disavanzo non coperto relativo all’anno 2018, pari a 41,813 mln di euro, il disavanzo complessivo cui dare copertura al 31.12.2019 è pari a 160,609 mln di euro. Secondo il Tavolo tecnico che monitora il piano di rientro, questo dato potrebbe ridursi a euro 98,013 mln di euro tenendo conto del possibile stralcio di alcuni crediti oggetto di svalutazione. Partendo quindi da questo assunto più roseo, emerge che in sostanza, in dieci anni, il deficit sanitario a cui dare di copertura si è ridotto in valore assoluto di soli 6,291 mln di euro circa (passando da euro 104,304 al 31.12.2009 a euro 98,013 al 31.12.2019)".
E’ bene ricordare, prosegue la relazione dei giudici contabili, "che però, in questi dieci anni, i cittadini calabresi hanno continuato a finanziarie copiosamente la sanità, con il versamento delle extra aliquote Irap e Irpef, extra tributi finalizzati a ripianare i disavanzi che via via si manifestavano. In altre parole, gli abitanti della Calabria stanno da dieci anni colmando una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in anno. A fronte di questi 'sacrifici finanziari, i medesimi cittadini non godono però di servizi sanitari adeguati". Infine, la Corte dei Conti evidenzia che "i Livelli essenziali assistenziali (Lea) sono giudicati adeguati quando raggiungono un punteggio di 160 o un livello compreso fra 140 e 160 in assenza di criticità. Ebbene, dopo molti anni, solo nel 2018 la Regione Calabria parrebbe aver raggiunto un punteggio complessivo adeguato (162), che comunque tradisce ancora numerose anomalie, come screening oncologici inadeguati e scarsità di posti letto". La relazione della Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti sul "Giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Calabria per l’esercizio finanziario 2019", poi prosegue: "Nel bilancio della gestione sanitaria, a fine 2019, sono presenti crediti verso lo Stato per 428 mln di euro. Il Decreto Legge n. 34 del 2020 prevede che, a causa della emergenza Covid, tutte le Regioni a statuto ordinario potranno usare questi crediti come base per anticipazioni di liquidità, fino al 99% del valore dei crediti1. E previsto quindi un sostegno in termini di liquidità, ma non si tratta di un aiuto collegato alla peculiarità della situazione finanziaria calabrese. Sia consentito, a tal proposito, un parallelismo: il contesto socio-economico, la genesi e la vetustà del disavanzo sanitario non lo rendono dissimile da quello accumulato da grandi Comuni; per i disavanzi degli enti locali la legislazione di questi ultimi mesi conosce però forme di sostegno statale significativo (…). Ma non si può non evidenziare che il disavanzo sanitario, a differenza di quello accumulato da un Comune, non mette in pericolo i livelli dei servizi pubblici di un territorio circoscritto, ma pregiudica la realizzazione dei Lea per tutti gli abitanti di una Regione. In altre parole, è messo in pericolo non il servizio di raccolta differenziata, non il servizio di scuola bus, non la pulizia delle strade per gli abitanti di un singolo Comune, ma la piena tutela della salute - che è il 'diritto dei dirittì - per i circa 2 mln di abitanti del territorio calabro".
Subito dopo la relazione evidenzia: "Non si può sottacere che, dal punto di vista contabile, il deficit" cui si accennava "è solo uno dei problemi del sistema sanitario regionale. Ad eccezione della Azienda ospedaliera Bianchi Melacrino Morellì di Reggio Calabria, tutte le Asp e le Ao chiudono il 2019 in perdita. Complessivamente, le perdite di esercizio degli enti del sistema sanitario regionale ammontano - prima delle coperture regionali - a circa 223 mln di euro. Oltre a ciò, permane la assoluta opacità amministrativa che connota la gestione di molte di queste aziende, il cui esempio più evidente è quello della Asp di Reggio Calabria. La Sezione ha inoltre effettuato un approfondito esame relativo alla situazione debitorie delle Aziende. In base alle informazioni disponibili i debiti scaduti verso i fornitori degli enti del Ssr attualmente superano i 604 mln di euro2, ma sono dati incompleti: infatti, mancano quelli relativi alla Asp di Reggio Calabria per la quale, stante anche la assenza di bilanci approvati fin dal 2013, è tuttora impossibile la ricostruzione dei debiti nel tempo accumulati".
Le passività citate, proseguono i giudici contabili, "generano cospicui interessi di mora, anche perché i tempi di pagamento medi delle Aziende nel 2019 sono stati di 195 giorni (si va da un minimo di 5 giorni per la Ao di Cosenza, ad un massimo di 946 gg per la Mater Domini di Catanzaro) e gli interessi di mora 'scattano dopo 60 giorni dalla scadenza del debito. Nel 2019 i debiti in parola hanno quindi originato interessi ed oneri accessori (interessi legali + spese legali) per circa euro 33 mln (escludendo la Asp di Reggio Calabria, per cui i dati non sono disponibili). Inoltre, i pagamenti effettuati con anticipazione di cassa ammontano a circa 1,8 miliardi di euro, con conseguente maturazione di ca 12,6 mln di euro di interessi passivi al Tesoriere; gli oneri potenzialmente derivanti da contenzioso, infine, sono pari a oltre 686 mln di euro. A questi oneri di tipo 'straordinario' si aggiungono le spese correnti: nonostante gli enti del SSR siano soggetti a politiche di contenimento dei costi per il personale e per l’acquisito dei beni e servizi, queste policy vengono ampiamente disattese".
In particolare, conclude la relazione, "i costi per acquisito beni e servizi non solo non sono in calo (come prescriverebbe la normativa regionale, che fissa specifici tetti di spesa) ma continuano a crescere e, a fine 2019, sono pari a complessivi euro 1,247 mld, in aumento di circa euro 21 mln su base annua. Tutto quanto detto mostra una vera e propria dispersione di risorse finanziarie che potrebbero essere indirizzare in modo più efficiente per il miglioramento dei servizi sanitari resi ai cittadini".
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