Pnrr, Calabria lontana dagli obiettivi
- Uneba Calabria
- 10 ore fa
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ROMA - Oggi, secondo gli ultimi dati Istat, circa il 40,5% della popolazione - 24 milioni di persone - soffre di una patologia cronica, 12,2 milioni di questi ne hanno almeno due; in una nazione che invecchia progressivamente, la prevalenza aumenta con l’età. Entro il 2028 spenderemo 70,7 miliardi di euro per la cronicità. La gestione delle malattie croniche in Italia rappresenta una sfida sempre più incalzante e complessa, aggravata da criticità strutturali e disuguaglianze territoriali. Un’analisi condotta a cura dell’Osservatorio Salutequità evidenzia la necessità d’interventi mirati per migliorare l’efficacia del Ssn e garantire una presa in carico adeguata dei pazienti. «Nonostante gli ingenti investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il rafforzamento dell’assistenza territoriale, la gestione della cronicità sul territorio italiano sembra residuale e in peggioramento - afferma Tonino Aceti, presidente Salutequità -. Infatti la bozza di aggiornamento di Piano nazionale cronicità (Pnc) che dovrebbe essere approvata nei prossimi giorni da Stato-Regioni, non conta su finanziamenti ad hoc contrariamente ad altri Piani, manca di un cronoprogramma chiaro per il raggiungimento degli obiettivi e lascia fuori diverse patologie. Anche la sua modalità di aggiornamento e inclusione di nuova patologie, come la psoriasi, non è affatto chiara. La cabina di regia del Pnc, importante per l’implementazione, sembra essere scaduta e non sono pubbliche le relazioni annuali che deve produrre». Per Aceti un «nodo centrale» per il cambio di passo nella presa in carico è quella del «passaggio da un approccio prestazionale alla garanzia del percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale del paziente. Oggi infatti il Ssn - spiega Aceti - rimborsa la somma delle singole prestazioni, senza misurarne gli esiti, e non l’intero percorso, facendo risultare la gestione della cronicità poco attrattiva per chi governa servizi e spesa sanitaria. Anche le Regioni sono misurate attualmente dal Ministero della Salute con un solo indicatore di processo: aderenza nello scompenso cardiaco. Se la cronicità rappresenta oggi una priorità per le famiglie, non possiamo dire lo stesso per le risposte che garantisce il Ssn». Per questo Salutequità ha riunito a Roma un Equity Group Cronicità, realizzato con il contributo non condizionato di Sanofi e Ucb Pharma, per confrontarsi con rappresentanti di istituzioni nazionali e regionali, associazioni pazienti, manager e professionisti sanitari sulle principali questioni. La cronicità è una priorità per numeri e fattori di rischio disuguaglianze - riporta una nota -. Il 24% della popolazione italiana, ovvero oltre 14 milioni di cittadini, sono a rischio povertà o esclusione sociale e altrettanta ha più di 65 anni, con un indice di vecchiaia che raggiunge il 193,1%. La vita media senza limitazioni a 65 anni è aumentata a 10,6 anni, ma il 49% degli over 75 vive in condizioni di multi-cronicità e gravi limitazioni. Inoltre, oltre un sesto della popolazione soffre di almeno una malattia cronica, con una prevalenza maggiore in Sardegna (25,7%) e Marche (25,1%). Tra gli over 65, il 57% ha ricevuto una diagnosi di almeno una patologia cronica, con una maggiore incidenza al Centro e Sud Italia rispetto al Nord. Le patologie più comuni includono cardiopatie (27%), diabete (20%), malattie respiratorie croniche (16%) e tumori (13%). La policronicità colpisce il 25% degli over 65, con una maggiore prevalenza tra le persone con difficoltà economiche e bassa istruzione. «Mentre implementiamo (a rilento) il Pnrr - ancora Aceti - peggiorano i dati Lea sull'assistenza distrettuale». Le Regioni sono impegnate ad assicurare la realizzazione degli obiettivi del Pnrr ma faticano a garantire i Livelli essenziali di assistenza - emerge dall’analisi condotta dall’Osservatorio Salutequità -. Nell’area cardine per le risposte alle persone con cronicità, ovvero quella distrettuale, nel 2023 un quarto delle Regioni (Valle d’Aosta, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sicilia) non ha raggiunto la sufficienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza distrettuali. Accanto a queste 11 regioni hanno peggiorato il punteggio in quest’area rispetto al 2020: Lombardia (-19 punti), Piemonte (-1), Veneto (-2), Liguria (-2), Emilia-Romagna (-6), Marche (-9), Lazio (-12), Abruzzo (-32), Basilicata (-11), Calabria (-8), Sicilia (-18). Anche i lavori del Pnrr - si legge - procedono tra luci e ombre: se sono stati conseguiti gli obiettivi delle Centrali operative territoriali da un lato come certifica la Corte dei Conti, dall’altro i dati di recente pubblicazione mostrano che vanno a rilento le infrastrutture cardine dell’assistenza territoriale. Risultano attivati circa un quarto degli ospedali di comunità programmati (5 Regioni non ne hanno nemmeno uno attivo). Solo 660 Case della Comunità realizzate a fronte delle 1723 programmate e meno di una su 10 ha tutti i servizi obbligatori attivi. Le Regioni che sembrano più lontane dall’Obiettivo sono Campania, Puglia, Abruzzo, Calabria, Sicilia e PA di Bolzano. Gli aspetti più deboli sono quelli che segnano un cambiamento di approccio alla presa in carico: orientato alla semplificazione e garanzia di percorsi attraverso i Punti Unici di Accesso (449) ed alla multidisciplinarietà con l’erogazione attraverso equipe multiprofessionali (476) da un lato e il riconoscimento del ruolo della comunità nella coproduzione presente in sole 470 CdC su 660.












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