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Screening preventivi per i tumori, in Calabria percentuale più bassa

  • Immagine del redattore: Uneba Calabria
    Uneba Calabria
  • 17 lug
  • Tempo di lettura: 4 min
Maria Masocco
Maria Masocco

ROMA - «Cresce in Italia l’adesione agli screening preventivi per i tumori, nel caso della mammografia superando i valori pre-pandemia, ma rimane una forte differenza geografica, con il Sud che registra la partecipazione più bassa». È il quadro generale emerso dalla sorveglianza Passi dell’Istituto superiore di sanità, per gli anni 2023-2024. I dati sono stati pubblicati oggi dall’Iss. Per la mammografia, pilastro della prevenzione contro il cancro al seno, i numeri mostrano che in Italia il 75% delle donne tra 50 e 69 anni si è sottoposto allo screening mammografico a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, nei tempi raccomandati dalle linee guida (ogni 2 anni). La quota di donne che si sottopone allo screening è maggiore fra le più istruite o con maggiori risorse economiche, fra le donne di cittadinanza italiana rispetto alle straniere e fra le coniugate o conviventi. La copertura disegna un chiaro gradiente Nord-Sud: si va dall’86% al Nord all’80% al Centro fino al 62% nelle regioni meridionali. Il Friuli Venezia Giulia è la regione con la copertura più alta (90%), la Calabria quella con la più bassa (46%). Negli anni il gap geografico si è ridotto e la quota di donne che si sottopone a mammografia a scopo preventivo è cresciuta, grazie soprattutto all’aumento dell’offerta/adesione ai programmi organizzati, ovunque nel Paese. La pandemia di Covid ha determinato nel 2020-2021 una riduzione della copertura totale, sia per una diminuzione dell’offerta da parte delle Asl sia per un calo dell’adesione. Nel 2022 la copertura ha ricominciato ad aumentare, arrivando nel 2024 a superare i valori pre-pandemia. Spicca però un dato: 1 donna 50-69enne su 10 non ha mai fatto una mammografia, e quasi il 15% riferisce di averla eseguita da oltre 2 anni. «La prevenzione del tumore della mammella - afferma Maria Masocco, che coordina la sorveglianza - avviene per lo più nell’ambito di programmi organizzati dalle Asl, a cui partecipano più della metà delle donne alle quali sono dedicati, mentre la restante quota di donne che si sottopone a una mammografia preventiva nei tempi raccomandati lo fa al di fuori dei programmi organizzati (un ulteriore 20% circa della popolazione target). Lo screening organizzato riduce notevolmente le disuguaglianze sociali di accesso alla prevenzione, e per la gran parte delle donne meno istruite o con maggiori difficoltà economiche l'offerta di un programma rappresenta l’unica possibilità di fare prevenzione del tumore della mammella». Passando ai programmi per la diagnosi precoce del cancro al colon-retto, la copertura nazionale dello screening colorettale in Italia resta ancora piuttosto bassa, rileva l’Iss: nel biennio 2023-24 il 47% degli intervistati nella fascia di età 50-69 anni riferisce di aver eseguito un test a scopo preventivo (ricerca del sangue occulto fecale negli ultimi 2 anni oppure colonscopia/rettosigmoidoscopia negli ultimi 5). Anche in questo caso c'è una forte variabilità da Nord a Sud, a sfavore delle regioni meridionali dove la quota di persone che si sottopone allo screening raggiunge appena il 30% nel biennio 2023-24, valore che sale al 55% nelle regioni centrali e al 62% in quelle settentrionali. La gran parte delle persone che ha effettuato lo screening colorettale lo ha fatto nell’ambito di programmi organizzati dalle Asl (39%), mentre lo screening eseguito su base spontanea è poco frequente (quasi 8%). Dal 2010 la copertura totale dello screening colorettale (dentro e fuori i programmi organizzati) è andata aumentando significativamente in tutto il Paese, grazie all’incremento dell’offerta dei programmi e dell’adesione dei cittadini. Tuttavia - indica il report - l’emergenza sanitaria per la gestione della pandemia di Covid si è tradotta da una parte in un ritardo e in una conseguente sostanziale riduzione dell’offerta dei programmi di screening organizzati da parte delle Asl, e dall’altra in una riduzione di adesione da parte della popolazione, con il risultato che nel biennio 2020-21 la copertura dello screening colorettale subisce una significativa riduzione, che dal 2022 sembra riprendere a crescere, raggiungendo i valori pre-pandemia nel 2024. Infine i controlli per la diagnosi precoce del cancro al collo dell’utero. Dai dati Passi 2023-2024 risulta che in Italia il 78% delle donne fra 25 e 64 anni si sottopone allo screening cervicale a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, secondo quanto raccomandato dalle linee guida nazionali. La quota di donne che si sottopone allo screening è maggiore fra le più istruite (84% laureate vs 50% con licenza elementare) o con maggiori risorse economiche (81% tra chi non ha difficoltà, 67% fra chi ne riferisce molte), tra le cittadine italiane rispetto alle straniere (78% vs 69%) e fra le coniugate o conviventi (80% vs 73%). La copertura dello screening cervicale disegna un netto gradiente geografico Nord-Sud che divide l’Italia in due, con coperture mediamente pari all’84% nelle regioni del Nord e Centro Italia (90% in Friuli Venezia Giulia) e al 69% nelle regioni del Sud (con coperture minime per la Calabria, 59%). Per quanto riguarda l’andamento temporale, l’emergenza Covid si è tradotta da una parte in un ritardo e una sostanziale riduzione dell’offerta dei programmi di screening organizzati da parte delle Asl (che solo in parte il ricorso allo screening su iniziativa spontanea è riuscito a compensare), e dall’altra in una riduzione di adesione da parte della popolazione, con il risultato che nel 2020 la copertura dello screening cervicale subisce una significativa riduzione, che ancora non viene recuperata. Nel 2024, infatti, i valori sono ancora sovrapponibili a quelli del 2020 e la copertura è ancora lontana dai valori pre-pandemia. Per l’Iss questo è certamente il risultato dell’impatto della pandemia sull'offerta e l’adesione agli screening, ma non si può escludere che sia anche determinato dai cambiamenti nell’offerta del programma di screening cervicale e nella sua personalizzazione per età e stato vaccinale contro Hpv (Papillomavirus umano) delle coorti più giovani di donne. Una quota non trascurabile di 25-64enni intervistate (11%) riferisce di non essersi mai sottoposta allo screening cervicale. «Penso di non averne bisogno», è la motivazione più frequentemente riferita.

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