Controllo totale della 'ndrangheta sull'ospedale di Lamezia, arresti eccellenti
CATANZARO - Un controllo totale sull'ospedale, del pronto soccorso e medici e paramedici sottomessi. La cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte aveva instaurato nell’ospedale di Lamezia Terme, grazie alla compiacenza dei vertici dell’Asp di Catanzaro ed all’aiuto di due politici, l’ex parlamentare Giuseppe Galati e Luigi Muraca, componente del Consiglio comunale di Lamezia sciolto nel 2017 per infiltrazioni mafiose, secondo i magistrati della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri e dai finanzieri del Comando provinciale del capoluogo e dello Scico di Roma l’anello di congiunzione con il contesto 'ndranghetistico. Galati e Muraca sono finiti agli arresti domiciliari insieme all’ex direttore generale dell’Asp di Catanzaro Giuseppe Perri - i suoi predecessori Gerardo Mancuso e Mario Catalano sono indagati in stato di libertà -, a Giuseppe Pugliese, direttore amministrativo sino all’ottobre 2017, e ad Eliseo Ciccone, già responsabile del Suem 118 ed ora destinato ad altro incarico. Quest’ultimo era già stato arrestato nel febbraio scorso nell'ambito di un’altra inchiesta su presunti illeciti nella gestione del servizio di elisoccorso. In tutto sono state arrestate 24 persone - 12 in carcere e 12 ai domiciliari - e sequestrati beni per 10 milioni di euro. L’operazione, compendio di due indagini, è stata denominata «Quinta bolgia». La cosca di 'ndrangheta Iannazzo-Cannizzaro-Daponte di Lamezia Terme, grazie ad alcuni sottogruppi imprenditoriali, aveva assunto il controllo di servizi quali la fornitura di ambulanze sostitutive del 118 e delle onoranze funebri imponendo - hanno riferito gli investigatori - «un controllo totale» e «occupando manu militari gli spazi» del pronto soccorso dell’ospedale di Lamezia Terme, "instaurando un regime di sottomissione del personale medico e paramedico operante». E’ quanto é emerso da due indagini condotte dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro e dallo Scico di Roma, coordinate dalla Dda e dalla Procura ordinaria di Catanzaro, confluite nell'operazione «Quinta bolgia». Il primo filone, condotto dal Gico del Nucleo Pef di Catanzaro, ha riguardato due gruppi imprenditoriali che, avvalendosi anche del potere intimidatorio derivante dall'appartenenza alla 'ndrangheta, avrebbero realizzato un assoluto monopolio nel settore delle autoambulanze sostitutive del 118 dell’ospedale di Lamezia, delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario, del trasporto sangue e altro ancora. Il «gruppo Putrino», secondo l’accusa, è riuscito sin dal 2009 ad acquisire una posizione di dominio nella fornitura di ambulanze, aggiudicandosi la gara di appalto. Dal 2010 al 2017, il gruppo ha continuato a operare grazie a proroghe illegittime. E quando, nel 2017, il «gruppo Putrino» è stato colpito da un provvedimento interdittivo antimafia della Prefettura di Catanzaro, è subentrato il secondo sottogruppo denominato "gruppo Rocca». Dalle indagini è emerso che i dipendenti dei due gruppi avevano le chiavi di alcuni reparti, la possibilità di consultare i computer dell’Asp, l’ingresso al deposito farmaci dedicato alle urgenze del pronto soccorso. In tale filone di indagine sono state arrestate 19 persone. Il secondo filone, condotto dal Gruppo tutela spesa pubblica del Nucleo Pef di Catanzaro e riguardante sempre il servizio ambulanze, ha portato alla luce l’allarmante carenza tecnica dei mezzi forniti: freni e luci non funzionanti, cambio difettoso, problemi alla frizione, revisioni non effettuate. Le ambulanze erano anche sprovviste delle dotazioni elettromedicali, quali la termoculla per il trasporto di neonati e le bombole di ossigeno erano o scadute o non presenti. Sui mezzi, inoltre, operava personale non qualificato e non provvisto delle adeguate abilitazioni. Nonostante questo, grazie ad accordi corruttivi con i tre dirigenti dell’Asp arrestati, il gruppo aveva comunque ottenuto le certificazioni di qualità richieste sulla base di una semplice verifica documentale, senza una verifica reale. Nell'ambito di questa seconda indagine sono state poste ai domiciliari 5 persone accusate, a vario titolo, di corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso, rivelazione di segreto d’ufficio e frode nelle pubbliche forniture.