Super batteri, punte in Calabria
- Uneba Calabria
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ROMA - Il Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza (Pncar) è stato prorogato al 2026, poiché 7 macro-obiettivi su 8 non sono stati raggiunti nei tempi previsti, si legge nella nota. La sorveglianza Ar-Iss (Antibiotico resistenza-Istituto superiore di sanità) attiva dal 2001 in Italia attraverso una rete di laboratori ospedalieri di microbiologia ha evidenziato 6 patogeni chiave: Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi (tasso nazionale 26,5%, oltre il doppio della media Ue del 13,3%, con punte in Sicilia 58,4%, Calabria 48,6%, Umbria 45,1%); Acinetobacter spp. (resistenza nazionale 75,8%, con picchi oltre il 90% in alcune Regioni del Centro-Sud, come Abruzzo 97,4%); Enterococcus faecium (resistenza al 32,5%, massimo storico italiano e tra i più alti in Europa, con Umbria 68%, Molise 46,2%, Abruzzo 44,2%); Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (26,6% a livello nazionale, con riduzioni nel Nord e Centro e valori ancora molto elevati nel Sud, come Molise 38,6%). E ancora: E. coli resistente alle cefalosporine di III generazione (dato nazionale 26,7%, con incrementi recenti nel biennio 2022-2023 pari a +10,3%, e punte in Molise 39,8%, Sicilia 39,1%); Pseudomonas aeruginosa resistente ai carbapenemi (trend nazionale in miglioramento a 16%, ma con punte elevate in diverse Regioni del Centro-Sud, come Abruzzo 26,8%, Lazio 25,7%, Campania 24,8%). Per Federico Serra, direttore generale Planetary Health-Inner Circle, urgono politiche più efficaci e una governance nazionale più forte: «Gli antibiotici sono stati una grandissima scoperta dal punto di vista farmaceutico ma oggi diventano un problema nell’autoprescrizione ed è necessario un approccio integrato». L’Italia, evidenziano gli esperti nella nota, è in ritardo non solo nei trend microbiologici, ma anche per problematiche sistemiche come: assenza di trasparenza da parte di molte strutture ospedaliere; laboratori non uniformi tra le Regioni; ritardi nell’applicazione dei protocolli di infection control; mancata integrazione dei livelli istituzionali nel modello One Health; assenza di un monitoraggio nazionale che renda comparabili le performance regionali; carenze nella formazione e nel governo del rischio infettivo. «È necessario un cambio di passo significativo, che consenta di superare queste criticità strutturali attraverso interventi chiari, coordinati e misurabili, in grado di garantire trasparenza, omogeneità operativa e una piena integrazione nel modello One Health», è il messaggio che emerge dall’evento, che è stato occasione per un momento di confronto tra esperti, decisori e istituzioni, su «una sfida improrogabile che richiede un intervento immediato, strutturato e verificabile».












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